di Patrik Ourednik
copyright © 2001 Patrik Ourednik
traduzione Andrea Libero Carbone © 2017 Quodlibet srl
regia e con Lino Guanciale
musiche eseguite dal vivo da Marko Hatlak fisarmonica
costumi ed elementi di scena Gianluca Sbicca
luci Carlo Pediani
co-produzione Wrong Child Production e Mittelfest2021
in collaborazione con Ljubljana Festival
Europeana è un susseguirsi di scampoli, brandelli, flash dalla storia europea novecentesca. È un rimbalzare di notizie in lungo e in largo per un secolo, più che breve, denso: entusiasmi, tragedie, slanci, efferatezze, sarcasmi, passioni e guerre… Pare un vortice di contraddizioni Europeana: forse questo è stato il Novecento, di cui portiamo ancora i segni. Il praghese Patrik Ourednik ha raccolto quel turbine di voci, di follie e aspirazioni come da una civiltà o un futuro lontani, e le ha riunite in un solo respiro. Finisce per essere una storia di mille storie, in cui ci getta Lino Guanciale, avvolto dai frammenti musicali del fisarmonicista sloveno Marko Hatlak.
Note di Lino Guanciale
Leggendo Europeana salta subito all’occhio questa magistrale capacità, anzi lucidità di sintesi, con cui Ourednik riesce a presentare, condensati in un pugno di pagine, una serie vasta di eventi del XX secolo. L’altra cosa che colpisce è poi la sagacia con cui lo scrittore mette insieme, accosta con facilità alcuni degli eventi più crudi del Novecento con quelle che, all’apparenza, possono sembrare le sue pieghe frivole. Impressiona come Ourednik possa creare i giusti nessi che tengono insieme la bambola Barbie e l’Olocausto: coglie infatti, con equilibrio mirabile, la netta accelerazione del capitalismo novecentesco, vedendone e narrandone le sue espressioni formali, esterne, sia tragiche sia, per l’appunto, più frivole. È dunque in superficie, sul fronte linguistico che Europeana rivela la sua forza e peculiarità, anche quella di oggetto teatrale. In fondo è nella lingua che una macchina testuale offre il suo potenziale per il teatro, in quanto organismo che va decodificato per poi trarne una direzione interpretativa precisa, attoriale e di messa in scena. Sicché Europeana mi appare come una lunga frase, composta di decine e decine di pagine, in cui pare venga stilato un semplice elenco di cose, personaggi e avvenimenti. Sostandoci sopra, però, questa frase si mostra via via per quello che è: una mirabile costruzione di ecolalie coordinative, che accompagna il lettore dentro una sequenza di eventi che non accadono in modo lineare, ma si incrociano. Ci sono cose avvenute in contemporanea, ci sono dei salti indietro e avanti, all’improvviso, lungo tutto il secolo, che così viene più volte ripercorso, facendo rileggere gli stessi anni da punti di vista differenti. Ma questo incessante movimento rientra nell’economia di un discorso unico: proprio come in una frase si passa dalla prima all’ultima parola, tenendo dentro divagazioni molteplici, così in Europeana si compie, alla fine, il lungo e diacronico excursus sul secolo passato. È in questa costruzione linguistica, complessa e sincopata, che un attore trova la sua materia d’azione e la potenzialità di messa in scena in un dialogo serrato tra recitazione e musica: il loro stare insieme dentro la magmaticità di una struttura così forte e di una disciplina sintattica così mirabilmente riuscita è possibile se si riconosce del testo la sua profonda pulsione al racconto orale. C’è un’enorme esigenza di racconto dentro Europeana, rimessa in ordine nella forma di un particolarissimo stile, che è però l’espressione più necessaria della sostanza stessa di questo racconto. È come ritrovarsi, alla fine, davanti a una saggia riproposizione di certe antiche forme della cronaca, simili solo a prima vista a un elenco: a notar bene la lista dei fatti, cose e persone genera via via un’immane biblioteca, una sterminata discarica, o meglio il crogiolo di un vulcano dentro cui precipita e si rimesta l’intero Novecento, per un lettore del futuro. Tutta Europeana è un discorso al futuro, dove l’autore ha assunto sia il punto di vista di un alieno, che a migliaia di chilometri dalla terra ci osserva, sia di un uomo del domani, a cui consegnare un messaggio nella bottiglia. Questo messaggio è però un incompiuto, è il racconto di un secolo non concluso, ancora in cerca di nuove coordinazioni: è per l’appunto l’ecolalia coordinativa dello stile creato da Ourednik.
FERMO_TEATRO DELL’AQUILA venerdì 6 giugno ore 21
Biglietti da 12 a 30 euro in prevendita QUI.
BIGLIETTERIA TEATRO DELL’AQUILA
dal martedì al sabato dalle ore 16.30 alle ore 19.30; giovedì, venerdì, sabato anche dalle ore 10 alle ore 13
il giorno di spettacolo serale (anche di domenica o lunedì) dalle 10 alle 13 e il pomeriggio dalle 16.30
il giorno di spettacolo pomeridiano (anche di domenica o lunedì) dalle 10 alle 13 e il pomeriggio dalle 15
INFO AMAT 071 2072439
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