di Garcia Lorca
con Lina Sastri
regia Lluis Pasqual
produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale
Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Palermo
Il grande maestro Lluis Pasqual, il massimo esperto di Garcia Lorca vivente, rilegge il capolavoro del poeta andaluso accentuandone l’aspetto poetico, abbandonando ogni naturalismo. Concepisce lo spettacolo come una contaminazione tra prosa, danza e canto, basandosi sulle eclettiche capacità di Lina Sastri. Il lavoro si presenterà come uno spettacolo di flamenco con sedie in cerchio e tutti gli attori presenti per l’intera durata. Tre musicisti accompagneranno parole, canti e danze.
Nozze di sangue uno dei titoli più folgoranti della storia del teatro del Novecento europeo, non è altro che una “cronaca di un fatto di vita” raccontato da un poeta. Così come sessanta anni dopo Koltès rimase colpito dalla fotografia di un delinquente in un manifesto attaccato dalla polizia su un muro della metropolitana di Parigi e da questo fascino ne uscì un capolavoro di grande poesia come Roberto Zucco, così successe con Lorca nel 1934. – scrive Lluis Pasqual – A pochi chilometri da Granada, in una campagna secca, durante una festa di matrimonio, la sposa fugge con un lontano parente. Lo sposo tradito li ha insegue con un gruppo dei suoi e si finisce a coltellate e morti. La notizia appare sui giornali. Nella mente del poeta questa storia vera ha fatto un viaggio profondo e scuro e il suo racconto dei “fatti” è diventato un urlo contro qualsiasi “convenzione” nel campo dell’amore e un grido di libertà nel seguire la passione che brucia due cuori e due corpi in una stessa fiamma. Nel viaggio del racconto ha creato due personaggi enormi, due vittime, due donne: la fidanzata e la madre. Quelle che restano e che dovranno trascinarsi a vita il dolore e le ferite che procedono dal così detto “cainismo” spagnolo: fratello contro fratello, divisi fino alla morte.
La frase della madre “qui, adesso, ci sono due bande, tu con i tuoi, io con i miei” non faceva altro che annunciare la disumana guerra civile esplosa pochi anni dopo. Poi il poeta è morto, la guerra è passata, sono passati tanti anni e, in una piccola parte del mondo occidentale la donna ha acquisito un certo livello di libertà per la quale il poeta si è battuto. O almeno abbiamo leggi che proteggono questa libertà. Poi la realtà purtroppo tante volte è un’altra. La metafora sulla passione e sull’amore, che lui ha fatto diventare immortale in questo testo bruciante, è ancora vivissima e attuale in tante civiltà che non appartengono alla nostra cultura europea. Ma lo è, senza dubbio, ancora dentro le nostre frontiere piene d’intolleranza e di odio. E queste parole le scrivo mentre in Europa viviamo la più (forse) irrazionale guerra della storia dell’uomo. Quanti volti di spose, di madri, trascinati dal dolore abbiamo visto in televisione? Come quelli che ha sognato Lorca… Non è un caso che abbia scelto, come in tante delle sue opere, “la donna”, cioè la vittima, per fare vedere la violenza degli uomini. Ancora una volta il poeta guarderà dalla parte delle vittime, la sposa, la madre…
Credo che il testo di Nozze di Sangue rappresentato così come è scritto non sarebbe giusto per Federico. Noi non siamo più lo spettatore degli anni Trenta del Novecento. Bisogna andare alla radice del racconto e cercare il luogo profondo da dove emerge questo dolore. Per dirlo come lui “nell’oscura radice dell’urlo”. Ma bisogna farlo, secondo me, delicatamente.
E soprattutto farlo sempre e solo con parole sue, carboni che bruciano ancora.
Isabel García Lorca, la sorella di Federico, mi ha raccontato che nel momento in cui lui scriveva Nozze di sangue erano a Granada, a la Huerta de San Vicente, la bella casa dove trascorrevano l’estate. A Federico era arrivato un disco di una cantata di Bach che faceva suonare al grammofono e che ascoltava ossessivamente per ore e ore tutti i giorni finché un giorno glielo hanno nascosto… In Nozze di sangue c’è tanta musica, scritta anche da lui, che era anche un grandissimo musicista. Ha una sua geometria, ma non è Bach. Viene piuttosto dal “cante jondo” che vuol dire canto scuro e profondo e che è una variante assillante del flamenco. E questa musica che c’è anche nel testo e che scorre come un fiume scuro bisogna farla sentire perché è quello che riempiva il suo corpo, la sua mano, il suo orecchio in una terra secca circondata dal mare. Nel meridione della nostra così detta civiltà. In Andalusia o in Sicilia. Non c’è una grande differenza…”. Lluis Pasqual
PESARO_TEATRO ROSSINI 23 maggio 2024 ore 21 | 24 maggio 2024 ore 21 | 25 maggio 2024 ore 19 | 26 maggio ore 17
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