Coreografia: Claudia Castellucci
Danzatori: Sissj Bassani, Silvia Ciancimino, Guillermo de Cabanyes, René Ramos, Francesca Siracusa, Pier Paolo Zimmermann
Musica: Canti Znamenny del Coro di musicAeterna di San Pietroburgo
Fastigio musicale finale: Stefano Bartolini
Scenario e Luci: Eugenio Resta
Produzione, Organizzazione e Distribuzione: Camilla Rizzi
Tecnica: Francesca Di Serio
Produzione: Societas, in co-produzione con musicAeterna, San Pietroburgo; Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi
La danza nasce da un progressivo avvicinamento alla matrice greca del canto bizantino e slavo, che è come dire quel tratto che a Est sutura l’Europa nel suo percorso che dal Mar Nero si spinge su, sino al Mar Baltico: Costantinopoli, Bulgaria, Ucraina e Russia sono le terre dove soffia il canto Znamenny (знамёна, segni), su cui la danza è stata costruita. Rispetto al canto corale della tradizione ortodossa più nota, il canto znamenny è rivestito di una semplice veste, assai lontana dalla pompa lussureggiante della liturgia slava. A causa del suo essenziale equilibrio esso appare modesto, dando a questo aggettivo tutto il suo significato originale, la cui radice è la stessa della parola ‘misura’…
Proprio a San Pietroburgo si è avuto un primo luminoso impulso, allorquando, nel Settembre 2021 mi recai con la Compagnia di danza Mòra (il nome è ispirato alla dicitura di Agostino nel suo De Musica, a indicare la più piccola pausa), nella sede dell’Orchestra MusicAeterna, diretta dal greco Teodor Currentzis, da lui invitata a costruire lì la danza, assieme a quattro Cantanti del suo prestigioso Coro. Lì vi restammo un mese intero e si ebbe la prima esecuzione de La nuova Abitudine.
Poco dopo il suo debutto in Italia è avvenuta l’invasione russa dell’Ucraina. Da allora non è stato più possibile proporre questa danza, sia per l’impossibilità dei Cantanti di uscire dalla Russia, sia per il rifiuto generalizzato di avere relazioni con qualsiasi artista e talvolta perfino con opere d’arte che fossero di nazionalità russa. Con l’occasione della danza de La nuova Abitudine a Cagli purtroppo resta impossibile fare la danza con la presenza dei Cantanti russi. Ciò nonostante, abbiamo deciso di interpretare lo stesso la danza, grazie alle voci registrate dei nostri Coristi. Sebbene il canto znamenny unisca tuttora la storia profonda dei popoli slavi, ora risuona sopra una guerra tuttora in corso. In questo contesto ci situiamo con la tecnica di una danza intuitiva; con una assimilazione che vuole mantenersi spettatrice, con discrezione e riguardo per una musica che è entrata a far parte della vita concreta delle persone al punto da farsi liturgia. Vogliamo proseguire e affermare il discorso della danza, una danza attuale, che si è imbattuta violentemente nella cronaca di questo tempo.
Claudia Castellucci, Gennaio 2023
Terra di Russia, terra di Russia! io ti vedo: dalla mia incantevole, meravigliosa lontananza, io ti vedo. Tutto è povero in te, disordinato, inospitale; non rallegrano, non atterriscono lo sguardo gli arditi miracoli della natura, coronati dagli arditi miracoli dell’arte: le città con gli alti castelli dalle mille finestre, radicati sui dirupi; le pittoresche piante e edere radicate sulle case, fra lo scroscio e l’eterno vaporío delle cascate […] Tutto è aperto, desolato e uniforme in te; come piccoli punti, come piccoli segni, visibili appena, spiccano tra le distese le piatte tue città: nulla che accarezzi o che affascini lo sguardo. Ma che inaccessibile, misteriosa forza è dunque questa che attira a te? Perché riecheggia e di continuo risuona all’orecchio, malinconica, come si diffonde su tutta l’ampiezza tua, da mare a mare la tua canzone? Che c’è in essa, in codesta canzone? Che cosa chiama così, e singhiozza e afferra il cuore? Che suoni son questi che morbosamente si insinuano e penetrano nell’anima, e s’attorcigliano al mio cuore? Terra di Russia! che cosa vuoi dunque da me? Quale inaccessibile legame sussiste fra noi? Che hai da guardarmi così, e perché tutto quello che c’è in te si rivolge a me con quest’occhi pieni di aspettazione?… E ancora pieno di stupore, rimango immoto, e già sul capo ho l’ombra di una nube minacciosa, gravida di piogge incombenti, e il pensiero ammutolisce dinanzi alla tua vastità. […] Oh, sfolgorante, fascinosa, ignota al mondo sconfinatezza! Terra di Russia!…
Nikolaj Vasil’evič Gogol, Anime morte, traduzione di Paolo Nori
CAGLI_TEATRO COMUNALE 19 marzo ore 18
Biglietti da 8 a 10 euro in prevendita QUI
e in tutte le biglietterie del circuito AMAT/Vivaticket
INFO
AMAT 071 2072439 (dal lunedì al venerdì orario 10-16)
Teatro Comunale 0721 781341 (aperto il giorno precedente lo spettacolo dalle 17 alle 19.30; il giorno di spettacolo dalle 15)